"Tutto comincia quando già sembra finito. Partita archiviata (108-13), pubblico quasi sfollato, giocatori spogliati e docciati. Non tutti. Chi è andato in panchina o in tribuna e chi non ha giocato 80 minuti, adesso sta sul campo: allunghi, passaggi, stretching, cose così. INTRUSO Poi spunta un pallone. Ma rotondo. Sono gli All Blacks a calciarlo in campo. Basta uno sguardo complice e alè: «Volete la rivincita? Giochiamo a pallone». Due porte immaginarie segnate con quei coni da lavori stradali, campo per il largo, sette contro sette, otto contro otto, chi c' è c' è, portiere volante. Nuova Zelanda: All Blacks, maglia nera, aderente, con microscariche elettriche. E Portogallo: i Lupi, maglia amaranto, abbondante, di cotone. Niente arbitro, com' era quasi due secoli fa, nel rugby. E per stavolta, niente Haka. Gli All Blacks giocano a fisarmonica, il Portogallo a folate. Carl Hayman, pilone, un Tir di 1.93 per 120 kg, non sembra a suo agio come nelle trincee di prima linea. Questo strano pallone rotondo, dai rimbalzi così banalmente prevedibili, gli sembra ipocrita: lo tocca quasi con fastidio. Più a suo agio Dan Carter, apertura, un Apollo di 1.79 per 91, che con un sinistro languido accarezza cross al centimetro. E Byron Kelleher, mediano di mischia con il pallone ovale, mediano di spinta con quello rotondo, ringhia. Inevitabile che gli All Blacks passino in vantaggio: è Andrew Ellis, mediano di mischia, comunque 1.82 per 89 kg, che pilota il pallone in gol. RISCOSSA Il Portogallo - direbbero in tv - non ci sta. Ma sono ancora gli All Blacks a sfiorare il gol: peccato che i tiri, a porta vuota, diventino perfette trasformazioni, fra i pali ma ben oltre la traversa. E' a questo punto che il Portogallo reagisce. E il suo eroe si chiama Pedro Cabral: apertura, con i suoi 72 kg è il più leggero rugbista del Mondiale. Ma è un ballerino nato. In tutte e due le occasioni va via in slalom su Richie McCaw, giudicato il più forte giocatore di rugby del mondo, ma qui un po' imbranato, e poi infila. E in gol va anche David Mateus, ala, un componibile portoghese dell' Ikea alto 1.85 per 95 kg. Finale: 3-1. E dopo aver festeggiato la prima meta con gli All Blacks, adesso i Lupi celebrano anche la prima vittoria. CON L' OVALE Il match ufficiale è un' altra storia. L' imbattibilità dei portoghesi sembra eterna, poi, orologio alla mano, dura 3' esatti (comunque la nostra, contro gli All Blacks, solo 1' 06"). Da una parte si gode ogni meta (16, di cui 14 trasformate; comunque Joe Rokocoko e Jerry Collins sono di un altro passo, di un' altra categoria, di un altro sport), dall' altra si osanna ogni azione (una finta dell' apertura Malheiro, un intercetto del seconda linea D' Orey, uno slalom dell' estremo Leal). Coraggio e passione, l' incoscienza dei rischi presi, la coscienza della storia scritta. Il Portogallo ha tutto della squadra amatoriale: sorriso, passione e fisico. E all' inizio del secondo tempo, quando approfitta di un' amnesia dei trequarti neozelandesi e conquista un bunker a un tiro di sputo dalla meta, viene portato dentro a suon di clavicole (le loro) e di ola (del pubblico). Con un drop prima, la trasformazione poi, e un calcio infine, fanno 13 punti. «Un miracolo - esulta Tomaz Morais, il c.t. -. Questa è gente che si allena la mattina prima di andare a lavorare, e la sera dopo aver lavorato. Tutti dilettanti, ma il loro impegno è più professionale di quello dei professionisti». Comunque, una giornata da non credere. Quelli che ne prendono 108 sono ringraziati e abbracciati. E quando le leggende nere salgono sul pullman e tornano in albergo, salutano centinaia di sostenitori portoghesi ancora lì a raccontarsela su, facendo ciao-ciao dal finestrino. Gli All Blacks avranno pensato: cose dell' altro mondo. Che, dal loro punto di vista geografico, non è neanche sbagliato."
MARCO PASTONESI LIONE (Francia)
* artigo retirado da edição on-line da Gazzetta dello Sport de 16 de Setembro.
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